Emme Rossa

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Episodi della lotta fratricida

 

Maggio e Giugno 1944

Eccidio di Cerredolo - Capanna Tassoni        Montefiorino

Zocca (uccisione di 6 fascisti) – Massacro di 15 agentiLari Ermete e Martini

MARTEDI 2 MAGGIO 1944

Le forze del partigiano Armando che si congiungeranno con quelle della formazione “Barbolini”, per effettuare l’attacco alla caserma di Cerredolo, mentre si stavano dirigendo verso quella località, s’imbatterono in una corriera dove si trovavano dei carabinieri. Il capo partigiano fece attaccare la corriera e catturare i militi con i quali, a suo dire, precedentemente aveva preso contatti per un reciproco rispetto; i carabinieri:

“chiesero di far parte di una formazione partigiana, manifestando solo il desiderio di stare assieme. Erano ragazzi venuti dal meridione che, all’inizio, credo cercassero di farsi coraggio l’un l’altro; ma purtroppo, capitarono nella formazione di Nello. Dico purtroppo, perché li attendeva una triste fine.(4)

  Questa è una versione, ma come spesso accade nelle storie della partigianeria, non è facile trovare unanimità nell’interpretazione e nella ricostruzione di fatti ed episodi e in questo caso  la conferma di  certe dicotomie avviene attraverso il racconto di un altro esponente partigiano di rilievo:

  “...contemporaneamente alcune forze di Nello avevano assalito una corriera che scendeva a valle. Il mitragliere che, con spavalderia, imbracciava la mitraglia sopra il tetto della corriera e tutti gli altri militi (tra cui alcuni carabinieri) circa 19 che occupavano la corriera, furono abbattuti, la corriera incendiata, i prigionieri furono in seguito fucilati nelle forre di Montemolino.”(6)

  Chi possa aver ragione e quale sia la verità tra queste due versioni, non ha oggi molta importanza, resta significativo il fatto che i prigionieri vennero fucilati, dato che i partigiani comunisti trattavano questi così come viene riferito dal capo partigiano che ha descritto l’attacco alla corriera:

  “......a questo proposito voglio mettere in rilievo il problema morale dell’uccisione dei prigionieri.... anche a proposito dei prigionieri di Montefiorino fucilati. A chi mi poneva questo problema io risposi: no, non sento la responsabilità delle esecuzioni compiute, ma sento la responsabilità delle liberazioni effettuate.”(6)

  Ma se durante le loro “scorribande” e le loro “fulminee”  azioni  i partigiani hanno avuto, sotto una certa ottica, difficoltà notevoli a portarsi dietro dei prigionieri, quelli fatti a Montefiorino potevano benissimo essere tenuti in carcere in quanto il paese era nelle loro mani; ma di queste sommarie esecuzioni avremo modo di soffermarci nella trattazione della cosiddetta “Repubblica di Montefiorino”.

MERCOLEDI 3 MAGGIO  1944

Ritorniamo ai fatti di Cerredolo, paese del reggiano al confine con la nostra Provincia, dove entrano in azione formazioni partigiane di stanza nel modenese e anche perché, si rileva in questo, il tipico modo di condurre gli attacchi, da parte delle formazioni “ribelli”, ai presidi dell’alto Appennino:

Con l’inizio della primavera, la guerriglia aveva preso vigore e aumentava d’intensità in concomitanza del maggior aiuto degli anglo americani:

  “ i lanci non si contavano più tanto erano frequenti e nei bidoni vi erano tutti i tipi di armi.”(7)    

  Infatti, gli alleati avevano iniziato a sferrare una violenta offensiva contro lo schieramento italo tedesco.

A Cerredolo arrivano le formazioni partigiane di “Nello” e “Armando”, in tutto circa centodieci uomini che si portano all’attacco del piccolo presidio fascista di quel centro, composto da una quindicina di uomini.

Il presidio era comandato dal Maresciallo Morini; resistette a lungo ai furibondi attacchi partigiani e dopo lunga resistenza, mentre si andavano esaurendo le munizioni, i militi si arresero dietro la promessa di avere salva la vita. Vennero invece tutti massacrati e i cadaveri orrendamente mutilati.(8)

Ma vediamo, come al solito le diverse interpretazioni da parte della storiografia antifascista che, o nella versione esaltatrice ed apologetica che esalta l’eroismo partigiano e nello stesso tempo la vigliaccheria dei fascisti o nella versione che cerca una maggiore obbiettività, deve pure, malgrado notevoli falsi e grossolani errori, non nascondere l’avvenuta fucilazione dei fascisti.

  “Fu subito uccisa una delle due sentinelle, il milite GHINI BIAGIO di Toano, mentre l’altra, un giovane di Civago rimase solamente ferita. I militi risposero al fuoco e la sparatoria durò a lungo. Poi i partigiani riuscirono a penetrare nell’edificio, incendiandone la porta posteriore. I militi si arresero, furono spogliati e costretti a caricare un autocarro di grano, che partì verso i monti.

I sei più giovani furono lasciati liberi, ma con le sole mutande. Dodici militi, anziani, insieme con il civile ARTURO PAGLIA, iscritto al PFR, furono fucilati all’interno dell’ammasso, in un mare di sangue. Nell’azione rimase ferito un partigiano che morì poco tempo dopo”. (9)

    Sono così assassinati 14 fascisti, creando tutti i presupposti per rappresaglie e ritorcimenti che andranno a cadere su persone che,  con ogni probabilità non avevano avuto alcuna responsabilità nell’episodio. Difatti a Toano furono catturati quattro giovani militari che avevano disertato il fronte e poi fucilati a Cerredolo dai fascisti.

Ma esaminiamo questo fatto attraverso una seconda versione rilasciata da chi ebbe la maggiore responsabilità dell’azione:

  “Mi precipitai dentro sparando all’impazzata, seguito dai ragazzi, alla luce di una torcia, accesa da uno dei miei, vedemmo i fascisti rannicchiati sotto le brande e dietro le colonne dello stanzone. Fatti uscire da quei nascondigli, controllammo i documenti di tutti; dieci erano di altrettanti assassini e delatori, che ben conoscevamo. Li mettemmo al muro e li giustiziammo.”(10)

  Aggiungiamo un’ulteriore versione; è quella dello stesso partigiano che parteciperà ad un altro eccidio di fascisti, tra alcuni giorni; quello di Capanna Tassoni a Fanano nel modenese:

  “La battaglia di Cerredolo fu la nostra seconda impresa dopo la ripresa; da un punto di vista militare fù molto più difficile lo scontro di Capanna Tassoni che il “giochetto“ di Cerredolo”.

  In un altra zona dell’Appennino modenese, alla Fignola, nelle vicinanze della Santona sulla Via Giardini, una pattuglia partigiana tende un imboscata ad una macchina tedesca e ne venne ucciso il pilota.(12)

Nella bassa modenese i partigiani aumentano la loro pericolosità, in località Cristo di Quarantoli, in Comune di  Mirandola, viene effettuato un attentato dinamitardo sulla linea ferroviaria Bologna-Verona e che non procurerà grossi danni all’importante linea di comunicazione.(13)

Sulla corriera attaccata a Ponte Dolo, mentre percorreva la linea Sassuolo-Montefiorino, vengono uccisi tre fascisti: il caporal maggiore della MVSN di quarantaquattro anni:

BULGARELLI VASCO(14)

ed il giovane vicebrigadiere, figlio del generale medico Alessandro Gazza:

GAZZA DAMIANO(15)

E il milite: DENICI EFREM

Capanna Tassoni

  MARTEDI 23 MAGGIO 1944

  Nella zona di Ospitale, a Capanna Tassoni, estremo limite della Provincia di Modena, provenienti da Cutigliano nel vicino territorio pistoiese, una colonna di tedeschi e fascisti, attacca i gruppi partigiani di “Davide”, “Nello” e “Armando” che, dopo l’attacco al centro di Fanano, qui si erano attestate. Sbrigativamente i partigiani “eliminano” tutti i fascisti che avevano catturato il giorno 16, escluso il Dott. De Toffoli che faceva parte della Reggenza del Fascio Fananese e che passerà, da quel giorno, nelle file avversarie diventando il medico di quelle formazioni partigiane.

Questi furono i fascisti uccisi e sbrigativamente sepolti:

FROSETTI FRANCESCO(45)

COPPEDE’ RAFFAELE(46)

FRANCHINI FRANCO(47)

SERAFINI GIUSEPPE(48)

MONARI DANTE(49)

ORSINI NELLO(50)

BELLETTINI EDGARDO(51)

BORGHI AUGUSTO(52)

PILATI BRUNO(53)

Il prete partigiano, Ricci Don Giovanni, parroco a quel tempo a Rocchette di Sestola e che portava il nome di battaglia : “Luigi”, si offerse per uno scambio di prigionieri, che però non ebbe luogo. Così lo stesso prete partigiano racconta questo episodio:

“...I partigiani che avevano già saputo di essere accerchiati uccisero tutti i prigionieri repubblicani, fuorché la moglie del Borghi (reggente del fascio di Fanano N.d.R.) e un ostaggio che mi permisero di salvare. Andai a Capanna Tassoni dove c’era il comando (partigiano) e dove erano stati portati i prigionieri repubblicani. Trovai ancora la terra smossa in un vivaio di pini e i morti coperti alla meglio. Per  salvare la situazione capii che l’unica cosa da fare era andare al comando tedesco e chiedere il permesso di seppellire i morti, senza compromettere la situazione.(54)

  Il prete venne poi portato via dai tedeschi per accertamenti, ma poco dopo, per intercessione di un Tenente della GNR e di sua moglie, fu rimesso in libertà. Questo tenente, mesi dopo, venne trovato ucciso in seguito ad una imboscata.(55)

Nell’attuale rifugio albergo di Capanna Tassoni è stata esposta dalla consorteria partigiana, una lapide che, deformando completamente i fatti accaduti, in questo modo fa risaltare l’episodio:

  “A ricordo delle future generazioni”

  In questa capanna il giorno 18 Maggio 1944

un gruppo di 17 partigiani

del distaccamento Fulmine

accerchiati da preponderanti forze

nazifasciste affrontava con indomito

coraggio il combattimento infliggendo

nel corso di ripetuti assalti

durissime perdite al nemico

che veniva alla fine sconfitto

e costretto alla fuga.

 

nel 36* Anniversario la Civica Amministrazione

di Fanano e le Associazioni partigiane.  

Militi a della RSI a Montefiorino

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Montefiorino

  VENERDI 16 GIUGNO 1944

  I vari presidi fascisti dell'alta valle del Dolo e del Dragone, che in quest'ultimo periodo avevano subito ripetutamente gli attacchi partigiani ricevono l'ordine, dai Comandi militari, di sgomberare dai loro distaccamenti e di concentrarsi nei centri più grossi del Frignano, sulla Via Giardini e particolarmente a Pievepelago e Pavullo. Rimane così sguarnita tutta la zona, se si esclude il presidio di Montefiorino che era in procinto di abbandonare quel Comune e dal quale già una buona parte dei fascisti se ne era allontanato.

Si sta dunque delineando il disegno prestabilito di creare una zona sgombra per far sì che le formazioni partigiane possano concentrarsi in quella, nel maggior numero possibile, per avere la possibilità, in un secondo tempo, di accerchiarle creando una vera e propria sacca nella quale poter intervenire con maggior numero di uomini e di mezzi e tentare di dare al movimento partigiano e alle bande dei "ribelli" di quelle zone, visto che i piccoli presidi locali ben poco potevano fare contro forze numericamente preponderanti, una spallata consistente e definitiva.

  SABATO 17 GIUGNO 1944

  Hanno inizio così le tragiche vicende di Montefiorino. Nell'attacco alla Rocca, come abbiamo visto nella disamina della parte storiografica, i partigiani passano all'offensiva in una zona ormai completamente sgomberata; e qui viene ucciso il primo dei militi fascisti della GNR:

MATTEI DOMENICO,(28)

che era residente in quel piccolo centro.

Intanto a Sestola, si ripete un altra azione partigiana: in una lettera del commissario prefettizio al Comandante della Caserma , Efrem Reatto, per giustificare il ritardo nel rientro dalla licenza del soldato Galli Gualtiero, così veniva riferito:

  "il 17 Giugno, nelle ore pomeridiane questo paese fù invaso da bande di ribelli armati che per più giorni bivaccarono nel Comune".(29)

  Non vi sono, però, altre fonti che confermino questa ulteriore occupazione di Sestola; le relazioni partigiane della "Divisione Modena" non ne parlano. Potrebbe pertanto riferirsi ai fatti accaduti giorni prima. Unica notizia, imprecisa, viene da una fonte scritta dal Parroco di Montecreto, che così riferisce:

  "I partigiani sono sempre quì intorno: hanno ieri tosato un altra donna repubblicana; con botte riducevano in fin di vita il vice-reggente, dato che il reggente è stato ucciso."(30)

  GIOVEDI 29 GIUGNO 1944

  A Montefiorino, in quel centro che a guerra finita riceverà, artificiosamente e per una strumentalizzazione propagandistica che ancor oggi viene portata avanti con grande clamore, la denominazione altisonante di repubblica partigiana, il Comando del CLN, decreta la condanna a morte di un primo gruppo di fascisti. Le uccisioni, si succederanno in quel piccolo centro, ad un ritmo incredibilmente vertiginoso; si ha in questa piccola zona dell’Appennino modenese, la prima dimostrazione di quello che succederà poi, in tutta Italia, a guerra conclusa e cioè come viene amministrata la giustizia nelle zone conquistate dai comunisti e di come saranno trattati gli avversari politici e non solo quelli.

Del primo gruppo di "giustiziati" facevano parte:

  CORSINI ARMIDO,(54)

MICHELINI ENRICO,(55)

era di Medolla ed aveva ventuno anni:

LEVONI AVERARDO,(56)

di quarantotto anni:

POIERO GIACOMO,(57)

di anni ventisei;

PRATI FERRANTE,(58)

di anni trentadue, ed il quarantaquattrenne:

VENTURELLI SILVIO.(59)

VENERDI 30 GIUGNO 1944

  Proseguono le "eliminazioni" dei fascisti catturati dai partigiani a Montefiorino, attraverso delle sentenze farsa, propinate dai tribunali del popolo. Vengono fucilati i seguenti fascisti:

  CASALI LUIGI,(60)

aveva quarantadue anni ed era di Castellarano;

CASSANELLI ANTONIO,(60BIS)

di Sassuolo, di anni ventisei;

COLOMBARI PIETRO,(61)

di anni quarantaquattro;

FERRARI LEARDO,(62)

di anni ventuno residente a Serramazzoni;

FERRARI DARIO,(63)

di anni ventotto, da Modena;

FONTANA FEDERICO,(64)

di anni trentatré, da Frassinoro;

CATELANI ALFREDO,(65)

di anni ventisei, da Sassuolo;

PEDRIELLI GIAN BRUNO,(66)

di anni venticinque, da Carpi:

BELLI GIUSEPPE,(67)

di trentanove anni, da Sassuolo

MOTOLESE FRANCESCO,(68)

di trentasei anni, da Bari;

LANIA FRANCESCO,(69)

di venticinque anni, da Reggio Calabria;

SANNA.....(70)

del quale non si hanno altri dati.

Malgrado esistano numerose testimonianze fasciste anche su queste uccisioni, preferiamo riportare quelle che abbiamo trovato nella storiografia partigiana e che non possono essere accusate di faziosità ; sono quelle riportate da quella componente storiografica antifascista ma non comunista che cerca di scaricare le responsabilità delle efferatezze compiute dal movimento partigiano su di una sola parte. Ma vediamo come erano trattati i prigionieri fascisti:

  "Quando giunsi a Montefiorino trovai le carceri piene di tedeschi catturati, fra i quali un medico, sorvegliati tutti da una decina di prigionieri russi, liberati dai partigiani. Trovai pure imprigionati diversi civili. Le torture viste non si possono raccontare perché forse molti non mi crederebbero. Ragazzi strettamente legati ai polsi con corde e appesi in punta di piedi, all'inferriata delle finestre e lasciati in tale posizione fino a quando il raggrumato aveva loro paralizzata la circolazione del sangue e rese le mani nere. Venivano quindi slegati e colpiti duramente, sebbene inermi. Gente picchiata a sangue..Tutti i prigionieri e che erano oltre una trentina ogni giorno venivano maltrattati e percossi...Giuro che non mi fù possibile mai intervenire, e quella volta che lo feci mi sentii minacciare aspramente col pericolo di prendere il posto del prigioniero. Con questo mi fu chiusa definitivamente la bocca e divenni spettatore delle più tragiche scene che mai abbia potuto vedere nè immaginare e che mi auguro non abbiano mai più a ripetersi, neppure in misura ridotta".(71)

  Malgrado nei tribunali partigiani fossero presenti tutte le componenti del CLN, si cerca di scaricare le responsabilità delle torture e delle uccisioni dei prigionieri di Montefiorino, esclusivamente sul partigiano "Nello", affermando che, in fondo, tutto questo non era altro che una conseguenza delle direttive seguite dai comunisti nella lotta partigiana e che questo Nello(72), non era altro che l'esecutore impazzito di un orientamento che non era esclusivamente suo.(73)

Ma, come abbiamo detto, le esecuzioni decretate dal comando partigiano erano il risultato di un verdetto voluto da tutti i componenti del CLN.

Coloro che affermano, a distanza di anni, di non essere stati d'accordo con tali metodi, avrebbero ben fatto, allora, a distaccarsi da questi uomini assetati di sangue, ma dal momento in cui, malgrado certi distinguo, il discorso della lotta partigiana viene anche esaltato da queste componenti minoritarie, abbiano anch'esse il coraggio di accettare le brutture che mettono loro stessi in risalto.

  Zocca

  MERCOLEDI 21 GIUGNO 1944

  Una formazione partigiana che si ritiene capeggiata, secondo la storiografia antifascista, da un certo Bruno Scaglioni, detto "Moro", compie un incursione notturna a Zocca. Vennero prelevati e subito uccisi sei fascisti e precisamente: il Segretario Comunale di quel centro, di trentanove anni:

MEZZACAPPA DOMENICO,(34) (vedi fotografia)

l'impiegato di quarantuno anni:

PISTONI MIRKO,(35)

il muratore di trentasette anni:

BRASCAGLIA PRIMO,(36)

un fascista originario di Mirandola:

IGNOTO,(37)

un altro fascista originario di Milano:

IGNOTO,(38)

ed il sesto, del quale non si conosce nemmeno il luogo di provenienza, ed anch'egli:

IGNOTO.(39)

Anche di questo episodio, malgrado vi siano tante testimonianze di parte fascista e dei familiari delle vittime, preferiamo citare quelle provenienti da parte antifascista:

  "Il 21 Giugno, alle ore 1,30, in Comune di Zocca, un gruppo di circa 100 ribelli armati riuscirono a penetrare nella caserma di quel distaccamento della GNR e ne disarmarono i componenti catturandoli tutti meno il Comandante e due militi scelti. Catturarono pure il reggente del Fascio locale, signor Mezzacappa Domenico e dopo aver commesso una rapina di L. 45.000 in danno del B.S.G. e di L. 10.000 in danno di un privato, si allontanarono portando via gli ostaggi che la mattina successiva venivano rinvenuti uccisi e denudati in località Montalto di Zocca."(40)

  Anche il Parroco di Zocca, Don Giovanni Bagnaroli, nel suo diario precisa queste notizie, dando le generalità dei caduti riconosciuti, precisando ulteriormente che i cadaveri vennero trovati sul Monte Balgaro, fra Montalto e Villa d'Aiano.(41)

  Lari Ermete

  A Serramazzoni, un gruppo di partigiani attacca la casa del fascio locale: vengono disarmati alcuni militi e carabinieri e bruciati alcuni gagliardetti; dopo aver spadroneggiato per il paese per un certo tempo, all'arrivo di una pattuglia tedesca e dopo una breve sparatoria si dileguarono.(13)

A Villa Minozzo viene ucciso il civile fascista:

LARI ERMETE,(14)

al quale, secondo alcune testimonianze, venne staccata la testa con una falce. Secondo testimonianze antifasciste , l'episodio ebbe questo svolgimento:

  "Fu catturato un commerciante di Sassuolo, Ermete Lari detto "Timoun". Si diceva che costui, quando Rossi a Monchio, gli aveva preso alcuni maiali, avesse pronunciato parole di minaccia e di vendetta. Fù accusato di essere una spia dei fascisti e dopo un sommario interrogatorio fù condannato a morte. Alcuni uomini di Claudio( il partigiano E. Gorrieri, n.d.r.) assistettero in quella occasione ad una scena sconcertante: l'interrogatorio del Lari, era frequentemente interrotto da un giovanissimo partigiano, che protestava per quelle lungaggini e manifestava la sua impazienza di uccidere personalmente il prigioniero. Egli fu ben presto soddisfatto. Il Lari fu costretto a scavarsi la fossa in un boschetto vicino e, senza neppur riuscire a finire di fumare una sigaretta, fu ucciso dal ragazzo senza il plotone di esecuzione. Il condannato tenne un contegno dignitoso e sereno. Il ragazzo per ogni prigioniero che uccideva, incideva una tacca nella cinghia dei pantaloni. Veniva chiamato "il boia". Indubbiamente data la sua giovane età, la responsabilità non era tanto sua, quanto del clima di violenza alimentato o tollerato dal movimento partigiano.

In quegli stessi giorni fu ucciso anche un certo , Marzocchini Ambrogio che aveva disertato, e, rientrato al suo paese Romanoro, aveva consegnato la rivoltella ai partigiani locali".(15)

  Famiglia Martini

  DOMENICA 4 GIUGNO 1944

  I partigiani si scatenano ancor più nella caccia al fascista e l'euforia che è loro data dalle notizie che arrivano dal fronte permette di lanciarsi in "ardite azioni di guerra" come quella che vedremo a seguire e dove vi trovarono la morte due anziani coniugi di Gombola di Montefiorino:

MARTINI ERCOLE,(4)

MARTINI GUALTIERI ALDINA.(5)

Così è raccontato l'episodio dalla storiografia antifascista:

  "Alle ore 3, in frazione Gusciola del Comune di Montefiorino, un gruppo di ribelli armati, aggrediva l'abitazione del fascista Martini Ercole d’anni sessantacinque, il quale animosamente apriva il fuoco per difendersi. I ribelli incendiarono allora la casa nelle cui rovine scompariva la moglie del Martini, Martini Gualtieri Aldina, mentre questi riusciva a fuggire. Nel pomeriggio dello stesso giorno, il Martini in preda a crisi nervosa, veniva rintracciato dai ribelli in una vicina casa colonica e catturato dagli stessi, che si allontanavano con lui per ignota destinazione, depredandolo anche di due vacche".(6)

  Naturalmente per il poveretto non vi fu via di scampo e venne immediatamente trucidato dai partigiani.

  Massacro di agenti

  Dalla storiografia partigiana stralciamo un altra delle ardite imprese del partigiano Nello, le cui forze costituivano una brigata della 3° Divisione partigiana e che avevano preso parte a molte azioni volute e guidate dal partigiano "Davide", emissario del Partito comunista:

  "Uno dei fatti più clamorosi fu l'uccisione di 15 agenti della polizia ausiliaria che avevano disertato e che muniti di una lettera del CLN di Modena, si erano presentati al Comando di Nello per arruolarsi nei partigiani. Delle violenze e delle crudeltà compiute nel territorio sotto il controllo delle formazioni di Nello si parla ancora con raccapriccio in tutta la zona."(24)

  Questi quindici agenti sono poi stati inseriti nell'elenco dei caduti partigiani tra quelli: "caduti in combattimento a Montemolino".(25)

Si trattava delle seguenti persone:

  Viaciano Enrico, di Napoli

Varagnoli Livio di Vignola

Tripoli Tullio, di Castelfranco

Quadrelli Riccardo, di Castellarano,

Piana Luigi, di Ovada,

Moscardini Silvio di Manzolino

Montorri Nando di Vignola

Gozzi Guerino, di Veggia,

Giubbolini Angelo di Veggia,

Germiniani Angiolino di Modena,

Del Bue Raffaele di Sassuolo,

Castellari Alessandro di Castellarano,

Cassanelli Aderigo di Vignola

Casari Giuseppe di Sassuolo,

Campeggi Emilio di Bologna.

   

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Aggiornato il: 08-10-04